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Gli esuli italiani nel Ticino 1848-1870

di Giuseppe Martinola

Il Ticino fu sempre terra di larga ospitalità ai perseguitori politici. Gli italiani, quasi in esclusiva maniera, vi giunsero fin dal primo risveglio di una coscienza nazionale. Ecco perché l’autore, in questo primo volume che avrà la sua continuazione successivamente, comincia la trattazione dal 1791, anno in cui è accertata la prima presenza di un rifugiato piemontese, per svolgerla poi, senza interruzione cronologica, fino al 1847, vigilia della primavera dei popoli.

Dopo il flusso dei primi repubblicani e poi dei patrioti scampati ai rigori dell’Austria rientrate in Lombardia con la caduta di Napoleone, e tra questi Ugo Foscolo, le ondate successive videro toccar sponda nel Ticino i liberali costituzionali del ’21, gli insorti dei ducati e delle provincie pontificie del ’31, e poi, a intermittenze, vi approdarono altri patrioti con soggiorni più o meno prolungati, circondati dalla cordialità dei progressisti ticinesi non alieni, con le loro tipografie, dalle imprese avventuratamente lanciate sul territorio nazionale da liberare.

Ecco perché comitati clandestini, con programmi differenziati, poterono formarsi nel Ticino diventato una gran cellula della cospirazione, con presenze di capi venuti e ripartiti, e tra i primi Giuseppe Mazzini, ma ecco anche perché nel Ticino dovette ripetutamente difendersi dalle ingerenze di un’Austria confinante che imponeva sgombro il territorio dai suoi nemici. Il libro, in XVII capitoli e con un corredo bibliografico, narra per la prima volta organicamente la storia dell’esulato di quel cinquantennio, la scopre in molte pieghe intricate che erano rimaste nascoste o fraintese, e coordina, non estrinsecamente, la successione dei vari periodi da una specula non provinciale.

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